Droghe emotive, volontà e l'illusione della scelta

18.12.2014 08:44

Facciamo un esempio pratico, io posso smettere di fumare attraverso la volontà, ma resterò un fumatore che non fuma fintanto che non avrò sciolto il legame emotivo che mi tiene ancorato al vizio di fumare.

Tendiamo ad adottare dei comportamenti che il più delle volte arrecano danno a noi stessi e a chi ci sta intorno, e tutto questo trae origine dall'attitudine innata a voler riempire dei vuoti coi quali non riusciamo a convivere, almeno apparentemente.

Molte delle azioni che svolgiamo sono semplicemente delle vie di fuga dal dolore, dei malcelati tentativi di rifuggirlo, anche se a ben guardare uno dei maggiori attaccamenti che perpetriamo nel corso della nostra esistenza sono rivolti al dolore stesso.

Già, perchè in realtà il dolore è uno strumento pratico, facile e a portata di mano per chiunque, utile a costruire e a mantenere viva una certa struttura psichica che conferisce l'illusione di un'identità, di un qualcuno che esiste, soffre e merita attenzioni.

Siamo dei drogati emotivi e costruiamo gran parte dei nostri rapporti edificandoli sulle fondamenta di questa dinamica inconscia.

Un bambino cresce in una famiglia nella quale il padre, la figura maschile di riferimento, è assente...entra in simbiosi con la madre e si fa carico della sua sofferenza e della sua insoddisfazione, crescendo si va ad infilare in rapporti che ricalcano il copione vissuto, relazioni nelle quali cerca di sostituire e di prendere il posto di un compagno assente e poco attento.

Una ragazza ha convissuto per anni coi ripetuti fallimenti della madre, sia come genitore che come moglie...tradita e abbandonata più volte, ha riversato sulla figlia tutto il suo disprezzo per gli uomini e per le relazioni in genere. Ella a sua volta trova solamente compagni/bambini, veri e propri figli dei quali occuparsi per tentare di riscattare gli insuccessi materni.

E ancora, donne abbandonate dal padre, che cercano negli uomini una figura di riferimento che gli è mancata.

Queste persone hanno davvero scelto? E soprattutto, sono consapevoli delle dinamiche che le muove?

Il cervello associa delle immagini a delle emozioni e a sua volta delle emozioni a dei comportamenti ripetitivi atti a ricreare e a rivivere l'emozione stessa, non scegliamo nulla e la meccanicità la fa da padrone!

Diciamo continuamente di voler uscire da situazioni che ci causano sofferenza e disagio, a ben guardare facciamo di tutto per rimanervi.Qualsiasi sentimento utilizziamo per tenere vivo un legame è il segno evidente che non abbiamo alcuna intenzione di porvi fine, non siamo pronti.

Anche le coppie che si separano  tendono molto spesso a rinnovare quotidianamente il vincolo che le tiene unite attraverso la rabbia ed il rancore, che è a tutti gli effetti la controparte di ciò che li ha messi insieme all'inizio. 

Un sincero ed attento esame di coscienza metterà a nudo ciò che si cela realmente dietro l'attitudine ad incolpare l'altro, a manipolarlo attraverso le emozioni più ricorrenti continuando così a mantenerlo in qualche modo nella nostra vita e ad alimentare l'energia del rapporto. Alla luce di questa disamina e attraverso l'osservazione di molti dei miei e degli altrui rapporti interpersonali, posso affermare senza troppe incertezze che siamo per lo più figli del determinismo, quanto meno per ciò che concerne la nostra maniera di approcciare la realtà.

Possiamo in parte svincolarci da un destino ineluttabile sviluppando il muscolo della volontà, anche se - come abbiamo visto all'inizio - questa può essere risolutiva di un atteggiamento esteriore, ma non di una vera e propria trasformazione interiore derivante dallo scioglimento del nodo che sta alla base di un dato comportamento nevrotico/compulsivo.

A volte c'è molta più libertà nel realizzare di non avere scelta, piuttosto che nel credere di essere liberi nel poter scegliere tra un insignificante ventaglio di opzioni disponibili. Possiamo almeno decidere di affrontare in maniera risoluta le nostre dinamiche irrisolte, a patto naturalmente di rendercene prima consapevoli. Quello che invece non dobbiamo mai dimenticare è che siamo anime in viaggio verso la conoscenza di se stesse, qualcuno dice che è già tutto nel qui ed ora e che non c'è niente da realizzare, ma fin tanto che questa non diviene una verità della carne si tratta soltanto di parole vane destinate al vento.

Ciò che invece mi appare come reale in questo preciso momento è la consistenza materiale di questa macchina biologica di cui l'anima è passeggera dormiente anzichè padrona...solo in questo caso lo strumento governa l'utilizzatore, solo in questo caso il cammino è già determinato e ineluttabile.

 

Roberto

 

 

 

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