Ricchezza e spiritualità

07.02.2016 01:32

"Non dalla ricchezza nasce la virtù, ma che dalla virtù deriva, piuttosto, ogni ricchezza e ogni bene, per l'individuo come per gli stati."

Platone

 

E' curioso come molte persone siano disposte a spendere soldi in sigarette, alcolici, slot machine e puttanate varie, ma per la propria crescita personale e spirituale no, lì dev'essere gratis.
Poco importa se per affittare una sala e creare anche solo una mezza giornata di conferenza o di seminario occorrano tempo, denaro, energia, impegno, telefonate varie, coinvolgimento di terzi.
Siccome si tratta di argomenti spirituali allora bisogna fare tutto gratis, altrimenti ci si sta approfittando.

Tra i vari programmi limitanti dei quali siamo ostaggio, uno dei principali è sicuramente quello che vorrebbe associare il guadagno economico solo e soltanto alla fatica, al merito e al sacrificio, retaggio di una cultura sociale, religiosa e familiare che per anni ha professato il culto del: "se vuoi qualcosa te lo devi guadagnare", "nessuno ti regala niente", "il lavoro è fatica" e tutte le altre varianti del suddetto filone di pensiero.
Sono ancora davvero troppo pochi coloro che intravedono la possibilità di guadagnare bene, magari arricchirsi attraverso le proprie passioni, facendo ciò che più gli piace, divertendosi addirittura.
L'atavico senso di colpa che caratterizza la cultura europea in generale, e quella italiana in particolare, non può tollerare di vivere una vita piena e felice senza doverne sacrificare una parte importante per poter acquietare la coscienza e sperare di dormire in pace almeno per qualche ora, solitamente quelle che intercorrono tra l'ingerire uno Xanax e la sveglia che ci richiama al dovere.
 

"La povertà è la consapevolezza della mancanza. La ricchezza è la consapevolezza dell'abbondanza."

Kriyananda



Il punto è che non esiste alcuna differenza tra spirito e materia, se non nella nostra concezione delle cose, nella nostra tendenza a separare tutto e tutti, dividendo come sempre in giusto e sbagliato con criteri del tutto arbitrari e quantomeno discutibili.

Va detto che molto spesso il denaro rappresenta anche un simbolo del valore che si da alle cose e un incentivo all'impegno.
Infatti se una cosa è gratis rischia anche di essere percepita come "di poco valore", così come la misura dell'impegno che ci metterò nel seguirla.
La verità è che quando qualcosa ci interessa realmente, siamo disposti a mettere da parte tutto il resto, a investire il nostro tempo a scapito di altri impegni e soprattutto, a spendere dei soldi anche a rischio di dover rinunciare ad altre cose ritenute comunque importanti.

Non ultimo, se ho qualcosa di importante da fare o da dire, qualcosa che possa davvero costituire un valore aggiunto al bene comune, è giusto che io abbia la possibilità di dedicarmi interamente a questa missione senza dovermi preoccupare di dover lavorare 10 ore al giorno per pagare le bollette e non avere più tempo ed energie da dedicare a ciò che più conta, ovvero alla manifestazione dell'opera che sono venuto a portare nel mondo.

In molte scuole esoteriche ritenute ancora oggi tra le più importanti e significative della storia, si faceva pagare una quota, anche nel caso in cui l'adepto fosse indigente, proprio per far sì che - se motivato dal forte desiderio di apprendere - egli sviluppasse le risorse interne e le qualità necessarie a procurarsi il denaro sufficiente per beneficiare dell'insegnamento della scuola.
Il denaro è una forma d'energia, e serve anche a far sì che tra chi elargisce un qualche tipo di insegnamento e chi ne beneficia non vengano a crearsi squilibri e debiti di qualunque tipo e natura, mantenendo in questo modo l'equilibrio tra le parti.

Naturalmente queste sono indicazioni di massima che non tengono conto dei singoli casi e delle diverse situazioni che caratterizzano la storia di ciascuno, ma rappresentano comunque delle linee guida di cui tener conto prima di sparare sentenze.
Il denaro, così come il sesso, è una delle più grandi identificazioni dell'uomo, per cui non è soltanto probabile, ma praticamente certo che ciascun lettore avrà reazioni diverse in base alle corde che il contenuto di questo post andrà a sollecitare al suo interno.
E' auspicabile che in una società formata da individui con un livello di coscienza più evoluto rispetto a quello attuale, non vi sarà bisogno del denaro come forma di scambio e ciascuno sarà naturalmente propenso al servizio secondo quelle che sono le proprie inclinazioni e i propri talenti, ma fino ad allora è del tutto inutile recriminare su un sistema che evidentemente ha ancora una funzione evolutiva da svolgere e non cambierà fintanto che non cambieranno le coscienze degli uomini.

Chiudo dicendo che la ricchezza non ha niente a che fare col conto in banca, per quanto tutti siano portati a credere il contrario.
La ricchezza è uno stato di coscienza che riguarda soprattutto ciò che si è, e prescinde quindi da ciò che si ha.
Sentirsi ricchi al proprio interno conferisce quella sicurezza che sovente gli stessi individui che posseggono cifre a più zeri non hanno, nonostante sia proprio questa che attraverso l'accumulo di averi vanno cercando.
Per avere ciò che desideri devi essere ciò che desideri.
La realtà esterna infatti, si configura secondo i parametri di ciò che sei e di ciò che chiedi a livello profondo, che tu ne sia consapevole o meno, dandoti sempre ragione.
Sperare nella buona sorte equivale a tenere in vita l’illusione del “caso”.
Inoltre ricchezza è spesso sinonimo di fede.
Mi sento ricco nella misura in cui sono in uno stato interiore di totale fiducia nell'esistenza, nella piena consapevolezza che ciò che mi arriva è sempre esattamente ciò che mi serve.
A quel punto non sarà la paura della mancanza a decretare i miei pensieri e di conseguenza le mie scelte, e non saranno le proiezioni di questa paura a decidere la realtà che sarò costretto a vivere.

 

Roberto
 

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