Sogni di bambino

20.10.2015 01:35
"In verità vi dico: se non vi convertirete e non diventerete come i bambini, non entrerete nel regno dei cieli" 
Matteo 18-3
 
Tutti noi siamo stati bambini, ma col passare del tempo abbiamo dimenticato cosa significhi esattamente essere bambini, che non è chiaramente legato ad un semplice discorso di anagrafe...il bambino è tale in quanto la sua essenza non è ancora inquinata dai filtri dovuti ai condizionamenti esterni, non è preoccupato del passato, non è proiettato nel futuro se non per ciò che concerne i suoi bisogni più immediati, vive nel presente.
Egli è in genere totalmente coinvolto in ciò che stà facendo e nella sua osservazione delle cose si trova in un completo stato di assenza di giudizio...solamente in seguito cominceranno a manifestarsi atteggiamenti quali la ricerca di attenzioni e di approvazione, nella misura in cui sarà convinto di dover fare qualcosa o essere in qualche modo particolare per ottenerle.
Questo processo si accentua con la crescita e rischia di diventare un vero e proprio atteggiamento patologico, in grado di influenzare pesantemente il tipo di esperienze nelle quali andremo ad incappare.
Un'altra meravigliosa qualità del bambino, eccezion fatta per alcuni casi particolari, è costituita dalla capacità di vivere pervaso da un completo e totale stato di gioia, dall'incapacità di vedere il male in ciò che ha di fronte e dalla tendenza a vivere la vita come fosse un ricco catalogo di opportunità e non un crogiolo di disgrazie.
Ricordo ancora chiaramente come percepivo la vita durante la mia infanzia, tutto mi appariva possibile, ero ricco di sogni e di speranze e sentivo che avrei potuto realizzare tutto quello cui il mio cuore aspirava.
 
Quand'è allora che cominciamo ad abdicare? quando, iniziamo a perdere fiducia nell'esistenza e nell'opportunità che essa rappresenta? una possibile risposta potrebbe essere che tutto questo ha inizio quando i nostri bisogni indotti divengono più importanti di quelli reali e via via ci convinciamo del fatto che non abbiamo potere decisionale, che non possediamo alcun controllo sugli eventi esterni e che ci dobbiamo prostrare affranti dinanzi al potere di un mondo che procede per conto suo, senza tener conto delle nostre aspirazioni più profonde.
Iniziamo così a sentirci inadeguati e lentamente ma inesorabilmente, ci conformiamo ad un sistema che ci vuole tutti uguali, che ci fa sentire deboli e impotenti, che tende a relegarci in un cantuccio dal quale è quasi impossibile tirare fuori il capo, non fosse altro che per il fatto che col tempo assume sempre più le sembianze di un luogo familiare e rassicurante, un'accettabile alternativa al caos che sembra regnare al di fuori di esso.
Non sappiamo bene come, non sappiamo bene quando, ma ad un certo punto non siamo più i protagonisti della nostra vita, inconsapevolmente assuefatti al nostro ruolo di comprimari e comparse, sempre pronti ad incolpare il governo, la sfortuna, il destino avverso, addirittura Dio!
Ed ecco che quel bambino che amava sorprendersi ad ogni alba diviene un piegato, un lamentante, uno dei tanti disadattati che andranno ad infoltire la lunga schiera dei rinunciatari feriti.
 
Il passaggio dalla fase in cui si è ancora bambini a quella successiva, avviene in maniera graduale e sottile, ma ad un certo punto la separazione è netta e spesso definitiva...le uniche componenti che ci portiamo dietro sono quelle che hanno sempre da recriminare qualcosa, un qualche diritto, una qualche mancanza, un qualche desiderio rimasto inappagato, insomma, una qualche ferita lasciata li a sanguinare.
Cosa voleva dire dunque Gesù, quando chiedeva di tornare come bambini per aver accesso al regno dei cieli?
Chiariamo subito un concetto, per quanto mi riguarda il regno dei cieli non è un luogo, ma uno stato di coscienza ottenibile anche e soprattutto in questa stessa vita, senza per forza aspettare la dipartita nella speranza di abitarlo successivamente in base a quanto si è stati buoni.
Tanto per rimanere in ambito evangelico, Tommaso riporta:
 
"Il regno del signore è dentro di te e tutto intorno a te, non è in templi fatti di legno e di pietra. Spacca un pezzo di legno e io ci sarò. Solleva una pietra e mi troverai”
 
A questo punto la spiegazione mi sembra ovvia e scontata, poichè se il regno dei cieli è costituito da uno stato interiore, ed essere come i bambini rappresenta una chiave d'accesso ad esso, allora immagino che ci sia bisogno di coltivare attitudini e qualità che ci riconducano a quello stesso stato quali la presenza, la gioia, la purezza di cuore, l'umiltà ed abbandonare gradualmente tutti quei comportamenti che caratterizzano invece i cosiddetti adulti, come la totale identificazione con tutto ciò che la propria mente partorisce in automatico, il tenace attaccamento al passato e la costante preoccupazione per il futuro, la tendenza a sentirsi vittime impotenti delle circostanze esterne, che genera a sua volta sconforto e tristezza e tutta un'ampia gamma di emozioni distruttive che all'uomo piace disperatamente coltivare senza sosta.
 

Può apparire difficile, ma non lo è affatto, basta tornare a concepire la vita come un gioco...a volte duro, doloroso, ma pur sempre un gioco e sono pronto a scommettere che non farete poi troppa fatica a ricordarvi di quanto ci piacesse giocare un tempo.


 

Roberto
 

 

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